Le Corti Fiorentine e La Mediazione Obbligatoria

corte-costituzionaleIL MANCATO AVVIO DELLA MEDIAZIONE NELLE CAUSE DI OPPOSIZIONE A DECRETO INGIUNTIVO. ALCUNI ORIENTAMENTI DELLE CORTI FIORENTINE

La questione del mancato esperimento della mediazione comporta conseguenze irreversibili che, a seconda del soggetto su cui grava, possono tradursi nella conferma o, viceversa, nella revoca del decreto ingiuntivo opposto.


In particolare Trib. Firenze, 15 ottobre 2015 (dott. Scionti) : “La domanda introdotta da parte opposta con ricorso monitorio ... così come la riconvenzionale avanzata dagli opponenti... devono essere dichiarate improcedibili a norma dell’art. 5/1bis dlgs. 28/2010 l’effettivo esperimento del 11 procedimento di mediazione non è rimesso alla mera discrezionalità delle parti, con conseguente libertà di queste, una volta depositata la domanda di avvio della procedura e fissato il primo incontro dinanzi al mediatore, di manifestare il proprio disinteresse nel procedere al tentativo, ma costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale deve difatti essere interpretato nel senso di attribuire al mediatore il compito di verificare l’eventuale sussistenza di concreti impedimenti all’effettivo esperimento della procedura e non già quello di accertare la volontà delle parti in ordine all’opportunità di dare inizio alla stessa; se così non fosse si tratterebbe non di mediazione obbligatoria bensì facoltativa e rimessa al mero arbitrio delle parti. Alla luce dal verbale prodotto in atti da parte opposta all’udienza del ..., le parti presenti al primo incontro davanti al mediatore si sono limitate a manifestare la loro intenzione di non dare seguito alla procedura obbligatoria, senza fornire ulteriore e più specifica indicazione degli impedimenti all’effettivo svolgersi del procedimento e rendendo, di fatto, necessaria l’applicazione della sanzione comminata dall’art. 5/1bis del d.lgs. 28/2010”.
È intervenuta sul punto la Corte di Cassazione con la sentenza n. 24629 del 3 dicembre 2015 secondo cui “la disposizione di cui all’art. 5 d. lgs. 28 del 2010, di non facile lettura, deve essere interpretata conformemente alla sua ratio”, ovvero, “la norma è stata costruita in funzione deflattiva e, pertanto, va interpretata alla luce del principio costituzionale del ragionevole processo e, dunque, dell’efficienza processuale”. Ciò posto, la Corte riconosce che “nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segue l’opposizione, la difficoltà di individuare il portatore dell’onere deriva dal fatto che si verifica una inversione logica tra rapporto sostanziale e rapporto processuale, nel senso che il creditorie del rapporto sostanziale diventa l’opposto nel giudizio di opposizione”. Detta inversione “può portare ad un errato automatismo logico cui si individua nel titolare del rapporto sostanziale (che normalmente è l’attore nel rapporto processuale) la parte sulla quale grava l’onere”. Tuttavia, “avendo come guida il criterio ermeneutico dell’interesse e del potere di introdurre il giudizio di cognizione – la soluzione deve essere quella opposta”. Continuando in tale direzione, infatti, deve ritenersi che è “l’opponente che ha il potere e l’interesse ad introdurre il giudizio di merito, cioè la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore”. Pertanto, è “sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria perché è l’opponente che intende precludere la via breve per percorrere la via lunga”. La Corte conclude statuendo che: “soltanto quando l’opposizione sarà dichiarata procedibile riprenderanno le normali posizioni delle parti: opponente – convenuto sostanziale, opposto – attore 12 sostanziale. Ma nella fase precedente sarà il solo opponente, quale unico interessato ad avere l’onere di introdurre il procedimento di mediazione; diversamente, l’opposizione sarà improcedibile”.
Di contrario avviso la recente giurisprudenza di merito (Tribunale di Firenze, 17 gennaio 2016, dott. Guida) che non condivide la decisione della Suprema Corte e rileva che “il creditore che propone ricorso monitorio non sceglie una linea deflattiva, ma persegue l'interesse a munirsi quanto prima di un titolo esecutivo; specularmente il debitore facendo opposizione non intende precludere la via breve per percorrere la via lunga; egli semmai esercita nei tempi e nelle forme propri del procedimento di ingiunzione il diritto inviolabile alla difesa in giudizio, costituzionalmente garantito (art. 24 Cost.)”. Osserva il giudice fiorentino che “nessun elemento testuale consente di affermare che la mediazione eventualmente proposta dall'ingiunto possa precludere il maturare del termine dell'art. 641 co. 1 cpc. L'effetto impeditivo della decadenza della domanda di mediazione, prevista dal comma 6 dell'art. 5 dlgs. 28/2010 si realizza solo se la mediazione é condizione di procedibilità della domanda”. Pertanto “nel rispetto del principio della domanda, l'opposto, ossia attore sostanziale, che é poi il (solo) titolare dell'interesse ad agire, ha l'onere di avviare la mediazione, pena, in caso di inerzia, la declaratoria di improcedibilità della domanda, che per la particolarità del procedimento di ingiunzione, comporta la revoca del titolo monitorio”. In conclusione per tale ultima impostazione “nel procedimento di ingiunzione riguardante le materie per le quali la mediazione é obbligatoria, dopo che l'opponente (convenuto sostanziale) ha proposto opposizione e dopo che sono state emesse le ordinanze ex artt. 648, 649 cpc, l'onere d'iniziare la mediazione grava sull'opposto (attore sostanziale), a pena di improcedibilità della (sua) domanda, introdotta col deposito del ricorso per decreto ingiuntivo”.

UN RECENTE ORIENTAMENTO SULL’ONERE DELL’ATTIVAZIONE DELLA MEDIAZIONE

L’onere di attivarsi spetta alla parte che viene opposta
di Marco Marinaro
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, una volta assunti i provvedimenti interinali sulla provvisoria esecuzione, l’onere di attivare la mediazione - se la controversia è tra quelle con condizione di procedibilità ex lege – è della parte opposta. È l’opposto che ha deciso di portare in giudizio il conflitto per tutelare un suo diritto e la specialità del procedimento ingiuntivo che giustifica la peculiare disciplina del giudizio di opposizione rispetto alla condizione di procedibilità non consente di discostarsi dallo schema generale: «Chi intende agire in giudizio è onerato dell’avvio della mediazione, dunque è l’opposto che è attore, portatore del diritto o dell’interesse che ritiene compresso». Sono le conclusioni dell’interessante e articolata ordinanza depositata ieri dal Tribunale di Firenze (estensore Breggia, causa 15248/2015) , che segue un percorso interpretativo destinato ad aprire una “terza via” nel delicato dibattito in dottrina e giurisprudenza su una questione teorica che conduce a contrapposte soluzioni processuali.L’ordinanza dà puntualmente conto del noto contrasto tra i giudici di merito che, seguendo diversi iter interpretativi, hanno ritenuto che l’onere di avviare la mediazione gravasse sulla parte opposta (con improcedibilità anche per il decreto ingiuntivo) o sull’opponente (dichiarando improcedibile solo l’opposizione e rendendo definitivo il provvedimento monitorio). Si richiamano anche la sentenza della Cassazione (n. 24629 del 3 dicembre 2015) che è giunta ad affermare che di tale onere sia gravata la parte opponente ed anche la più recente pronuncia di merito proprio del Tribunale di Firenze (ordinanza 17 gennaio 2016; estensore Guida) che, traendo spunto da taluni dubbi interpretavi emersi dalla motivazione della Corte, si è posta in aperto dissenso.Dissente anche la pronuncia di ieri: ritiene che la Cassazione si sia fondata su un presupposto non corretto («applicazione della condizione di procedibilità per la proposizione della opposizione al decreto ingiuntivo anziché nel momento successivo alla proposizione…») e sposta l’attenzione dal processo alla mediazione. Peraltro, la prospettiva “deflattiva” invocata dalla Cassazione è «fuorviante» poiché l’effetto deflativo è una conseguenza indiretta e non la causa della mediazione.La ratio dell’improcedibilità posta dal legislatore – anche in relazione all’articolo 2 della Costituzione e non solo quale limite all’articolo 24 – è di dare vantaggi alle parti e non inutilmente ostacolarle nell’accesso alla giustizia. Lo scopo quindi è richiamare l’attenzione della parte che intenda adire il giudice su «se non vi sia in realtà un metodo più adeguato a soddisfare i propri interessi rispetto alla definizione eteronoma del conflitto», una soluzione «più mirata, flessibile e, ove possibile, rigenerativa di rapporti in una fase stragiudiziale». Così, le pronunce che dichiarano improcedibilità possono ritenersi «una vera e propria sconfitta dell’ordinamento».L’ordinanza pone un altro caposaldo interpretativo sulla mediazione: la condizione di procedibilità viene sganciata dall’interesse dell’opponente a coltivare il giudizio di opposizione in quanto la funzione della stessa – solo posticipata per la specialità del procedimento monitorio – postula che l’onere gravi sempre su chi intenda agire in giudizio per far valere una pretesa. Sarà interessante seguire gli sviluppi della querelle giurisprudenziale anche in Cassazione.